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Tazio Nuvolari: l’anniversario della morte

Tazio Nuvolari: l’anniversario della morte

Non appena mi giunse notizia della sua fine partii per Mantova. Nella fretta mi persi in un dedalo di strade sconosciute della città. Scesi di macchina, chiesi ad un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla macchina, per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore. “Grazie di essere venuto” – bisbigliò commosso – “Come quello là non ne nasceranno più“. Si tratta della testimonianza diretta di Enzo Ferrari. E quello là, prossimo alla sua fine, era Tazio Nuvolari, che l’11 agosto del 1953 si spegneva definitivamente dopo esser stato vittima di due ictus.

Identikit del genio

Tazio è stato un “mantovano volante“, il “Nivola“, perfino “der Teufel“, il diavolo, per i tedeschi. Tazio è stato Nuvolari, uno dei piloti più forti e rivoluzionari di sempre, quando correre in auto o sfrecciare in moto era l’avventura dell’ignoto: quando, insomma, eravamo all’alba del motorsport. Per dirne una e per iniziare bene, Nuvolari è considerato l’inventore della sbandata controllata, volgarmente chiamata derapata o drift. In un’epoca in cui le ruote non erano indipendenti e gli pneumatici venivano gonfiati a pressioni assai più alte, indurre il veicolo in sovrasterzo e sottosterzo controllato, per poi dar gas al fine di equilibrare l’auto permetteva di diminuire il tempo di percorrenza della curva e massimizzare la velocità di uscita dalla stessa. Non casualmente, come racconta lo stesso Drake, Nuvolari chiamava le curve “risorse”, imperniando su queste il segreto dei suoi successi.

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Una vita sacrificata alla passione

Nato a Castel d’Ario nel 1892 da una famiglia benestante, Nuvolari era alto un metro e cinquanta e pesava poco più di cinquanta chili. Non di certo il physique-dù-role per chi volesse cimentarsi nell’inferno che si respirava per le corse motoristiche dell’epoca. Eppure il suo istinto di velocità lo portò lontano: gli inizi furono incerti e claudicanti, ma Tazio ci credeva ed arrivò a vendersi l’eredità per finanziarsi la carriera. Scommise bene. Diviso tra moto e auto, l’anno della svolta fu probabilmente il 1930, quando subentrò nella scuderia Alfa Romeo al tragicamente scomparso Brilli Peri. Durante la stagionale Mille Miglia Nuvolari si ritrovò in seconda posizione, preceduto solamente dal compagno di team Achille Varzi. Per confondere l’avversario il Nivola spense i fari, facendo credere a chi lo precedeva di essere al comando in solitaria: giunti gli ultimi metri di gara Nuvolari si fece beffa di Varzi, superandolo in volata.

Il successo

Da qui in poi Tazio si proiettò in parabola positiva, trionfando nelle più ardue competizioni del mondo: dalla Targa Florio al Nürburgring, dal Gran Premio di Montecarlo a quello delle Nazioni. Gli aneddoti su di lui degni di nota si perdono tra le maglie della storia: proprio al Nordschilefe, ad esempio, nel 1935, Nuvolari domò i beniamini di casa sotto gli sguardi corrosi d’invidia dei gerarchi nazisti. I tedeschi non avevano preso in considerazione Nuvolari perchè guidava un’auto dalle prestazioni nettamente inferiori, e invece sul podio dovettero far tuonare “O’Sole Mio“, dato che non erano in possesso del disco contenente l’inno italiano.

Gli aneddoti

Come pure emblematica è la foto che ritrae Nuvolari all’arrivo della Coppa Brezzi a Torino, in data 1946. Il pilota taglia il traguardo sventolando il volante della sua Cisitalia D46, mentre con la mano sinistra guida la monoposto attraverso una chiave inglese. Da citare anche ciò che accadde al circuito delle Tre Province del 1931. In quell’occasione Nuvolari ruppe la molla di richiamo dell’acceleratore della sua Alfa 1750, superando troppo violentemente un passaggio a livello: per tutta la durata della prova il meccanico Compagnoni dovette regolare l’acceleratore facendo passare la cintura dei pantaloni lungo il cofano, tutto mentre Nuvolari si occupava di gestire sterzo, freno e frizione. Piccolo dettaglio: quella gara la vinse.

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“All’uomo più veloce…”

Avrebbe potuto vincere di più senza le maledette guerre per di mezzo e se, magari, avrebbe avuto a disposizione mezzi più competitivi. Ma d’altronde l’abilità di Nuvolari risaltò proprio qui: nonostante tutto vinse, nonostante tutto non si arrese mai. Corse fino ai 60 anni – tre anni prima della dipartita -, un dato straordinario se si considera la mortalità in pista di allora. Maglia gialla, giubbotto di pelle e pantalone azzurro; questo il suo vestiario, perennemente abbinato ad un nastrino tricolore sul collo al quale era legato un amuleto d’oro a forma di tartaruga che Gabriele D’Annunzio gli aveva donato. E proprio il Vate disse: “All’uomo più veloce, l’animale più lento“.