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Motori e non solo: perchè la F1 teme così tanto la Brexit?

Motori e non solo: perchè la F1 teme così tanto la Brexit?

Il 29 marzo la Gran Bretagna uscirà ufficialmente dell’Unione Europea, sull’onda di quel fatidico referendum avvenuto il 23 giugno 2016 per interrogare i sudditi di sua Maestà al riguardo. L’esito della votazione popolare fu significativo, svelando un’opinione pubblica spaccata letteralmente a metà con solo il 51% degli inglesi favorevoli all’uscita dall’Europa.

Una realtà complessa

Ad oltre due anni di distanza le promesse di un’uscita morbida e senza gravi conseguenze sembrano irrimediabilmente infrante: le trattative con la UE si sono chiuse senza un accordo valido, la sterlina si è indebolita così tanto da valere 1.1 euro — praticamente un minimo storico —, la finanza britannica paventa una crisi terribile all’orizzonte e l’ambiente politico è in subbuglio. Negli ultimi giorni si parla addirittura di una proroga all’articolo 50 per effettuare un secondo referendum.

Brexit e F1

La situazione sta preoccupando da vicino la Formula Uno. Le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’Europa si avvertirebbero sul medio e lungo periodo, legate soprattutto al fatto che manchi (e dato lo stato di cose, mancherà) un’intesa sul trasferimento di merci e individui. Dazi doganali e tasse sull’import-export saliranno alle stelle, penalizzando gli interessi delle scuderie in tutta la Gran Bretagna. Sono tantissimi, infatti, i team collegati per le viscere all’Inghilterra: ben sette su dieci hanno sede proprio qui.

Una via d’uscita: l’Italia

E precisamente Mercedes, Renault, Red Bull, Alfa Sauber, McLaren, Williams e Haas. Quattro di queste realtà potrebbero facilmente decidere di espatriare: la Mercedes a Stoccarda, la Renault rilocando a Parigi, la Red Bull spostandosi da Milton Keynes all’Austria e l’Haas virando sul Nuovo Continente. Una transumanza che in realtà potrebbe arridere proprio al Bel Paese: l’Emilia Romagna è materialmente pronta ad accogliere chi voglia far parte di quell’oasi di Motorsport.

Paga lo spettacolo

La delocalizzazione (e in generale i problemi logistici e finanziari legati alla Brexit) finiranno per appesantire ancor di più l’accesso di ulteriori scuderie alla F1. Sia Porsche che Aston Martin, che tanti rumors avevano creato con un loro interesse alla classe regina, potrebbero definitivamente abbandonare ogni velleità di prender parte al campionato. Nuove spese inoltre colpiranno le casse dei team minori impegnati a riposizionarsi, togliendo risorse alla ricerca e sviluppo. La Brexit andrebbe così a condizionare la spettacolarità della F1, aumentando quello che è già un dislivello abissale, in termini tecnici, tra i top team e “gli altri”. Tutto il lavoro di Liberty Media per garantire una F1 più competitiva potrebbe clamorosamente andare in fumo.

Wolff sugli scudi

Un pericolo tastato con concretezza dai principali team manager, che non hanno tardato ad intercettare il dibattito. “Ho piena fiducia nelle autorità britanniche, affinché capiscano che non è nel loro interesse perdere quello che è uno dei pilastri dell’industria del paese, della F1 e dello sport automobilistico” ha detto Cyril Abiteboul della Renault, spalleggiato da un preoccupato Toto Wolff, principal Mercedes: “Stiamo monitorando molto da vicino l’intera situazione perché nel Regno Unito abbiamo una grande fetta della nostra gestione. Abbiamo cittadini dell’Unione che lavorano per noi, senza contare che stiamo importando molta merce dall’UE. Abbiamo preso provvedimenti in tal senso e ammetto che questo sviluppo non è affatto piacevole“.

Arrivabene ci vede lungo

Non manca il commento di Maurizio Arrivabene, manager Ferrari, che ben intravede possibilità di crescita per il centro Italia senza escludere, però, i rischi dell’intero movimento: “Se tutto procede come in molti stanno annunciando in questi giorni, sospetto che parecchie persone busseranno al nostro campanello. Parlando della Formula 1 in generale, però, non è proprio lo scenario migliore, ragion per cui spero trovino una soluzione“.