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Gli incidenti causati dagli animali vengono risarciti da Autostrade per l’Italia

Gli incidenti causati dagli animali vengono risarciti da Autostrade per l’Italia

La legge parla chiaro: Autostrade per l’Italia, gestore in concessione delle tratte autostradali, è responsabile dei danni provocati dalla presenza di animali sulla carreggiata e nei suoi pressi. A stabilirlo chiaramente è la sentenza della Corte di Cassazione, n. 11016 del 19/05/2011, indipendentemente dalla tipologia di animale: domestico o meno, cane, cavallo, mucca o volpe che sia. La responsabilità scatta nel momento in cui la presenza dell’animale possa essere fonte di incidentente mortale in un percorso a pagamento e in un tratto di strada ragionevolmente sicuro e strutturalmente valido da indurre l’alta velocità.

Il caso esemplare destinato a diventare un modello

Vi è un caso paradigmatico al riguardo: in procinto di sorpassare un automobilista, percorrendo il tratto dell’autostrada A1 in prossimità di Livagra, provincia di Lodi, aveva avvistato una volpe ferma nella sua corsia e, per scansarla, ha sterzato fino ad urtare la rete di recinzione, riportando ingenti danni. Alla fine l’uomo si è rivolto ai Supremi Giudici per ottenere il rimborso delle notevoli spese sostenute, che gli hanno dato ragione in virtù dell’articolo 2051 e 2043 del Codice Civile. Le norme in questione trattano la materia della responsabilità e i modi in cui essa ricade sull’ente proprietario del tratto autostradale.

Alcuni dubbi al riguardo

C’è però da precisare che innanzittutto non è acclarato se avvenga il risarcimento per sinistri analoghi in strade urbane o extraurbane di competenza ANAS poiché in questo caso la responsabilità potrebbe essere ricondotta a qualcuno di diverso dall’ente che custodisce la viabilità: ad esempio il padrone negligente di un cane troppo agitato o un allevatore incapace di tenere a bada la sua mandria. Inoltre il caso dell’uomo risarcito prcedentemente succitato si dilata in tempi particolarmente lunghi: il sinistro avvenne il 9 settembre 1998 mentre la sentenza della Cassazione che gli dava ragione risale al 4 ottobre 2015 dopo che il giudice aveva una prima volta rigettato la domanda.