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Vetture a guida autonoma: cosa aspettarsi dal prossimo futuro

Vetture a guida autonoma: cosa aspettarsi dal prossimo futuro

In principio fu la Google Car a rappresentare l’utopia “concreta” di un’auto che si guida da sola. Le sue caratteristiche e la sua (poca) affidabilità si guadagnarono una vasta schiera di scettici, ma l’aggiornamento continuo del mezzo, dei suoi sistemi e della tecnologia ha ad oggi capovolto la cosa: secondo KPMG, azienda leader mondiale nel settore di consulenza e servizi professionali, al momento ci sono tutte le carte in tavola per serializzare un progetto di questo tipo e diffonderlo in tutte le più grandi città del globo.

Sviluppo col botto

Ma in principio fu la Google Car in senso stretto. A onor di cronaca il concept di una vettura automatica risale agli anni venti, con i primi notevoli esperimenti condotti dalla Mercedes sul finire dello scorso millennio, tale progetto EUREKA. Nell’ultimo decennio la ricerca di sistemi efficaci nell’ambito della guida autonoma ha subito una decisiva impennata grazie all’opera di Tesla Motors e del suo sistema Autopilot, fregio della popolarissima Model S. Occorre, comunque, citare gli sforzi di Ford, Toyota, la già citata Mercedes e l’Audi, pronta a lanciare il suo gioiellino intelligente Aicon.

L’inchiesta di KPMG

Rifacendoci al white paper redatto da KPMG in collaborazione con il CAR (Center for Automotive Research), che tiene conto dei pareri di 25 personalità di prestigio dell’automotive, è possibile individuare i quattro problemi principali dell’affermazione delle vetture a guida autonoma, escludendo dal computo l’annosa, non meno importante, ma assai tecnica questione ingegneristica.

Gli ostacoli più duri

Il più grande scoglio risiede nel consumatore. Ad oggi uomini di tutto il mondo non hanno problemi ad acquistare e condurre un’automobile. L’equazione è semplice: a scanso di eccezionali anomalie, il veicolo è comandato in prima persona ed ogni incidente è in qualche modo legato ad una sfera accidentale oppure alla propria negligenza. Salire su di un veicolo gestito da una “manciata di impulsi elettrici” è un atto di fede nei riguardi della scienza e della tecnologia, un salto nel vuoto per qualcuno. Per giungere a tale prospettiva occorre tempo: l’automobilista deve metabolizzare l’esperienza ed anche familiarizzare con la teorica sicurezza che questi veicoli, quando i loro sistemi sensor-based e connectivity-based funzionano correttamente, sono in grado di garantire. Sulla carta un auto di questo tipo dovrebbe essere più sicura di una tradizionale. E occorre tempo anche al mercato di assumere una forma golosa e accattivante, ponendo le case automobilistiche nella situazione di offrire pacchetti convenienti ed economici. Un fenomeno, quest’ultimo, a cui stiamo assistendo in prima persona con le vetture ad emissioni zero.

E la passione della guida?

Un altro problema coinvolge la più pura e rincorsa sensazione di guida. Ci sono persone che amano guidare, e trovano piacevole la sensazione di trovarsi al comando di un’auto: fanno di questo fatto il motivo essenziale per poter spendere anche ingenti cifre di denaro. L’autonomous driving dovrebbe brutalmente scontrarsi con questi, considerando che per ragioni contingenti non tutti hanno la possibilità di recarsi in pista. Il compromesso potrebbe esser rappresentato da vetture come la Tesla, dove il sistema automatizzato è opzionalmente attivabile.

La questione etica

Infine, con la diffusione di veicoli autonomi si aprirebbero un vasto numero di controversie legali e morali, come dimostrato da questo stimolante test. “Come si comporterebbe la macchina nel momento di decidere se investire un passante o finire fuoristrada? E in caso di due passanti?”, dilemmi all’ordine del giorno. Le compagnie assicurative inoltre dovrebbero letteralmente reinventarsi e le leggi in materia di codice della strada dovrebbero essere tempestivamente riscritte. Una volta che un conducente — persona fisica — perde il carico di responsabilità, chi pagherebbe per un sinistro?

E quindi?

Le prospettive, come si vede, sono variegate. I problemi, però, sono più che mai concreti: un uomo negli USA è già rimasto vittima per un incauto affidamento dell’Autopilot a bordo della sua Model S, così come un altro individuo è stato salvato quando, ad infarto imminente, la sua vettura a guida autonoma è riuscito a condurlo nell’ospedale più vicino. Siamo ancora distanti dalla vettura automatica perfetta, ma questo clima di dubbio e di indecisione ha tutta l’aria di covare un grandioso passo in avanti per l’umanità. A patto di rimanere coi piedi per terra. E di schiacciare l’acceleratore quando ci va.