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Gruppo WhatsApp per evitare posti di blocco e autovelox: 62 indagati

Gruppo WhatsApp per evitare posti di blocco e autovelox: 62 indagati

Pur di sfuggire ad eventuali controlli delle forze dell’ordine in posto di blocco e pur di evitare “l’occhio meccanico” dell’autovelox avrebbero fatto di tutto, persino – com’è successo – creare un gruppo WhatsApp in cui si segnalavano a vicenda la presenza di controlli. Poi, però, il ritrovamento casuale del telefono di uno dei partecipanti al gruppo ha “rotto le uova del paniere” a tutti facendo scattare la denuncia per interruzione di pubblico servizio in concorso contro 62 persone che ne facevano parte.

Il ritrovamento del telefono e l’inizio delle indagini

Sono ben 62 le persone che sono finite sotto indagine, quasi tutte originarie di Canicattì, in provincia di Agrigento, e hanno un’età compresa tra i 30 e i 40 anni. Facevano parte del gruppo WhatsApp Uomini immiezzu a via (“Uomini in mezzo alla strada”).

L’inchiesta sarebbe partita dopo il ritrovamento di un telefono appartenente ad uno degli indagati. Infatti, quella che di solito sarebbe stata intesa come una bella notizia, ovvero il ritrovamento del cellulare smarrito, si è in realtà rivelata una sfortuna per l’uomo. Come riporta Ansa, proprio il ritrovamento del telefono ha portato all’apertura delle indagini sui partecipanti al gruppo Whatsapp in questione. In quel gruppo, pare che gli indagati si scambiassero informazioni sulla presenza di autovelox e posti di blocco in modo da evitare di incorrere in controlli o sanzioni.

Gli indagati potrebbero anche andare a processo

La pm della Procura di Agrigento, Paola Vetro, ha notificato alle 62 persone accusate d’interruzione di pubblico servizio in concorso l’avviso di conclusione delle indagini. Ora, per gli accusati potrebbe aprirsi la strada di una richiesta di rinvio a giudizio o di citazione diretta.

Come spiega Ansa, gli avvocati che difendono gli indagati, tra i quali pare che figurerebbero anche autisti di ambulanze e camionisti, potrebbero evitare il processo presentando memorie difensive e facendo in modo che i propri assistiti siano sottoposti a interrogatorio. È facile immaginare che probabilmente nessuna delle persone coinvolte avrebbe mai immaginato di finire nei guai per dei messaggi su WhatsApp.