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Sausset: il pilota senza braccia e senza gambe che ha stregato Le Mans

Sausset: il pilota senza braccia e senza gambe che ha stregato Le Mans

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Frédéric Sausset forse è un nome che non vi dice niente. Quattro anni fa, nel 2012, la sua vita pareva finita e di certo non poteva immaginare che oggi avrebbe corse la più importante corsa di endurance su pista: la 24 ore di Le Mans. Era luglio per la precisione, faceva caldo; a 43 anni viveva una grande passione per le quattro ruote e quell’anno si era recato in vacanza. Ma Frédéric si taglia il dito, “roba da niente”, eppure la sua esistenza cambia visceralmente.

La tragedia. La ferita fa silenziosamente infezione, si tratta di una setticemia prodotta da un batterio – lo streptococco di tipo A – resistente alle cure. Progressivamente si diffonde su tutto il corpo e le conseguenze sono inevitabili: amputazione. Prima la mano, poi l’altro braccio, quindi entrambe le gambe ad altezza ginocchio. Ed il corpo atletico di Sausset viene quadriamputato, distrutto.

Il sogno. Per lui ed i suoi sogni sembra tutto finito. Ma Sausset aveva sempre voluto correrla quella gara mitica e senza tempo: ben prima del devastante incidente aveva provato a metter su sponsorizzazioni sufficienti per garantirsi una vettura adatta, senza tuttavia mai riuscirci. Per qualsiasi uomo ritrovarsi in quelle condizioni avrebbe significato chiaramente l’ovvia rinuncia a tutto questo. Le difficoltà nel quotidiano, lo shock psicologico avrebbero rovinato le fantasie e le ambizioni di corsa di chiunque.

Di chiunque, ma non di Sausset. Paradossalmente il suo dramma ha facilitato il raggiungimento del risultato, confortato e sospinto da imprese epiche di eroi (sportivi e non) che dinnanzi la menomazione hanno risposto “sì” alla vita e sono andati oltre i problemi, eroi come Alex Zanardi. Ad aiutarlo, nella fattispecie, il pilota professionista Christophe Tinseau, pilota professionista di Gran Turismo che ha affiancato Sausset durante la sua faticosa riabilitazione, convincendolo al fatto che sì, il sogno di una vita può ancora esser realizzato. I due riescono a trovare un prototipo da battaglia, una Morgan-Nissan Lmp2. Una scheggia da pista che però, per esser guidata da Sausset, ha bisogno di modifiche essenziali: volante speciale connesso ad una protesi; centralina posizionata ad altezza cosce attraverso la quale gestire accelereatore e freno e tanti altri piccoli accorgimenti come un bottone che, in caso di guasto ed emergenza, eietterebbe il sedile del pilota fuori dall’abitacolo. Ma chi è disposto a credere in un pilota menomato? Eppure la passione di Sausset è troppo forte. Nei primi test è solo 3” più lento di un professionista. Gli sponsor fioccano, l’equipaggio si costituisce – oltre Sausset c’è l’amico Tinseau e Bernard Bouvette. Sausset si presenta al box 56. Nelle prove, da regola, monta un fanalino sul retrotreno per avvisare agli altri piloti di essere disabile. Gli altri piloti del paddock chiedono alla direzione di rimuoverlo perchè “Sausset gira più veloce di molti di noi“. Finirà 38esimo in classifica finale. Un miracolo da tenere a mente.