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Dopo la bufera, Marquez torna a parlare: “Continuerò a correre così”

Dopo la bufera, Marquez torna a parlare: “Continuerò a correre così”

Marc Marquez, in fondo, ha ragione. Ha ragione a scusarsi, a piegarsi a quello che il buon senso e l’amicalità gli suggeriscono. A dire una parolina distinta, un’espressione di circostanza, a fare il riverente. Ha ragione a dire non ho colpito volontariamente Valentino, non ho mai colpito volontariamente nessuno”, anche perché se così non fosse non staremmo a parlare di un pilota ma di un macellaio da radiare da qualsiasi umana competizione. Ha ragione, in fondo, ad affermare che, nonostante tutto, lui continuerà ad essere Marquez. Così gli è stato concesso, nelle piccole e grandi cose, e così ha libertà di essere. E il GP di Argentina è una piccola, grande, analogia della sua carriera.

La regola aurea

C’è una regola aurea negli sport motoristici: che tu sia in F1 o nelle categorie amatoriali del karting, dal motociclismo su pista al motard, tra i primi diktat che vengono impartiti ad un neofita c’è il “qualsiasi cosa accada, non andare contromano”. Usualmente questa regola è punita in modo piuttosto risoluto dalle direzioni di corsa, così come vien quasi sempre punito lo spegnimento del mezzo in fase di allineamento in griglia. Marquez a Rio Hondo ha fatto entrambe le cose. Penalità: un drive through, a dispetto della classica, tradizionale, debita bandiera nera. Una volta che viene spezzato questo sigillo, chi sbaglia si trova nella posizione di poter sbagliare ancora. E le conseguenze sono frutto di tale scelta: vedi i sorpassi spregiudicati, pericolosi, meschini di Marquez.

Si badi: meschini in senso proprio. È ed era il pilota più veloce, retrocesso in fondo al gruppo per una sua defezione. Nonostante il traffico, girava con tempi di un secondo inferiori rispetto al crono dei migliori. Che senso ha, che senso aveva entrare a gamba tesa su Espargaro prima, su Rossi poi? Che senso ha, non me ne voglia il buon Giacomo Agostini, mettere a repentaglio la vita altrui per uno scopo così labile? Sembra che Marquez abbia peccato di umana, ancorchè sportiva, immaturità. Il motomondiale non è, e non deve essere, uno sport indisciplinato. Se è impossibile eliminare il rischio dalla competizione, è altrettanto vero che dovrebbero essere ammoniti ed allontanati comportamenti che questo rischio, questi rischi li incrementano.

Le parole di Marquez

Continuerò a correre cosìha detto Marquez alla fine della faccenda. “Sfortunatamente ho toccato Valentino, che è caduto toccando l’erba. Ho capito di aver fatto un errore e sono stato penalizzato. Quando mi sono tolto il casco, la prima cosa che volevo fare era andare da lui a chiedere scusa perché è una cosa che può capitare ad ogni pilota. Stavamo tutti andando al limite, però sono tranquillo, perché alla fine è stato solo un errore e la cosa importante è imparare da questa situazione. In questa rimonta ho commesso alcuni errori, sono stato penalizzato e ho capito il perché, ed è successo anche ad altri piloti.” Ma non si limita a questo, e aggiunge: “Io manterrò sempre lo stesso DNA e andrò sempre al limite”.

Tirando le somme

Insomma, se la Dorna non interverrà, l’esito è uno ed uno soltanto: non ci sarà un limite al limite, non ci sarà limite alla competizione. E tutti i piloti, i tecnici, gli addetti al settore dovranno trarne le debite conseguenze. E magari anche i tifosi. Credo tuttavia, a buon ragione, che l’assenza di un’etica della responsabilità nella MotoGP sia qualcosa di paradossale e disgustoso, considerando di avere a che fare con esseri umani che si giocano la vita a trecento all’ora. E se Ezpeleta non farà nulla, speriamo almeno che Marquez un fondo di buon senso lo trovi. Glielo chiedono, tra tanti, Kato, Simoncelli e Tomizawa.